Su Netflix sta “spopolando” una docu-serie, Tiger King, che mostra vita, morte (letteralmente) e vicende che ruotano attorno ad alcuni proprietari di grandi felini negli Stati Uniti ed in particolare la loro battaglia contro Carole Baskin, “animalista” che gestisce un “rifugio” per gli stessi animali, sottratti a questi zoo privati.

Nel corso delle puntate, si scopre che Carole, pur promuovendosi come protettrice degli animali, e sfruttando per questo il lavoro gratuito di decine di stagisti e volontari, non agisce in modo diverso dagli altri. Gli animali presenti non sono stati tutti “salvati” da altri zoo, ma in molti casi sono stati acquistati da allevatori per alimentare il business delle visite. Che Carole sia fortemente sospettata di aver ucciso il suo secondo marito è solo una ulteriore nota di colore per completare il quadro del personaggio.

Pur un tutta la sua bizzarra e inquietante peculiarità, Tiger King ci offre lo spunto per parlare di un problema di cui chi intende fare volontariato deve assolutamente affrontare: l’affidabilità delle organizzazioni cui ci affidiamo. Animati dalle migliori intenzioni, rischiamo di supportare, economicamente e con il nostro lavoro, progetti che non sono utili alla causa che intendiamo servire, anzi spesso sono “parte del problema”. Esistono purtroppo organizzazioni che hanno finalità solo apparentemente benefiche, ma che lucrano sul “mercato del volontariato”, con danno anche per i soggetti che dovrebbero essere oggetto di tutela, dai bambini agli animali.

Vari studi istituzionali hanno dimostrato che in Cambogia circa l’80% dei bambini negli “orfanorofi” hanno in realtà almeno un genitore vivente, ma sono usati in queste strutture per attrarre donazioni da parte di turisti e incassare le “fees” dei “volontari”. Di norma, questi si fermano per periodi molto brevi, anche una o due settimane, creando gravi problemi psicologici ai bambini accuditi, che rivivono costantemente il dramma dell’abbandono. E questo senza considerare il fatto che, pur con le migliori intenzioni, questi volontari non hanno competenze specifiche.

Qualcosa di analogo accade per coloro che vogliono lavorare con gli animali, nella loro tutela e recupero. Molti “santuari” sono in realtà “allevamenti” che sfruttano il lavoro ed i fondi (fee) dei volontari, non salvano ma “allevano” animali per altri scopi. Spesso questi vengono addirittura venduti a riserve di caccia!

Occorre pertanto essere molto attenti nella selezione dei progetti cui partecipare. Occorre fare molto bene i “compiti a casa”, informarsi da fonti indipendenti (non solo il sito dell’organizzazione), parlare con chi è stato lì prima di voi. Per quanto riguarda i santuari e centri di recupero degli animali, un punto di riferimento è la pagina Facebook Volunteers in Africa Beware che grazie al contributo della sua rete segnala progetti e organizzazioni “virtuose”, quelle accettabili  e quelle da evitare. Non a caso la lista pubblicata viene chiamata “The Good, the Bad and the Ugly”.

Un indizio molto forte di una organizzazione da evitare è la possibilità di maneggiare gli animali ed in particolare i cuccioli. Quando questo avviene, è quasi sicuro essere davanti ad una iniziativa commerciale e non di recupero. Un animale che ha contatti con l’uomo non potrà mai essere rilasciato in libertà. E’ quello che vedete appunto anche negli “zoo” di Tiger King: cuccioli passati di mano in mano per selfie e foto di gruppo, fra gridolini di stupore e meraviglia. Torneremo su questi temi, che riteniamo molto importanti, fornendo ulteriori indicazioni e materiali.