Strutturato o flessibile
Un'esperienza su misura
Un Gap Year può essere qualcosa di molto strutturato, comprato chiavi in mano e svolto insieme ad altri ragazzi che hanno fatto la stessa scelta, oppure un patchwork di opportunità specifiche, come stage, tirocini, viaggi, o periodi di lavoro ricercati e organizzati completamente su misura per noi, in piena autonomia. Può comprendere corsi in aula e outdoor, volontariato e attività caritative, arte, musica politica e impegno sociale. Praticamente può includere qualunque cosa che sia di interesse del partecipante: personale o professionale. Si può fare, in teoria, sotto casa o dall’altra parte del mondo. Anche la durata può variare moltissimo da poche settimane a un anno e oltre.
Questo è il bello del Gap Year: la sua flessibilità.
Il primo passo nella pianificazione e organizzazione del proprio Gap Year è chiarire i propri obiettivi.
Non serve concentrarsi su UN obiettivo, ma nemmeno è possibile immaginare di perseguirne 20 diversi.
Occorre focalizzarsi su due aspetti:
1. COSA voglio ottenere?
Fra i vari possibili obiettivi, devo chiarire, in primis con me stesso, se sono “confuso” e in questi mesi voglio capire cosa realmente voglio nella vita, oppure se penso di saperlo e voglio usare questo periodo per acquisire esperienze, competenze e contatti che mi portino a ottenerlo. Posso anche riflettere se voglio aprire una parentesi vera nel mio percorso e scoprire me stesso con una “sfida estrema”, di quelle da raccontare ai nipoti (ad esempio tutta la via Francigena da Canterbury a Roma a piedi!).
2. COME posso ottenerlo?
Posti determinati obiettivi, ci si trova a dover fare subito alcune scelte “discriminanti” che guideranno tutto il nostro lavoro:
- Gap Year monotematico o composto integrando più esperienze?
- fai-da-te o partecipando a programmi organizzati?
- da soli o con un gruppo di amici o di altri compagni?
- in Italia o all’estero?
- stanziale o itinerante?
Il Gap Year, direttamente o indirettamente, porta sempre a maturare, costringendo a guardarsi dentro, mettersi in gioco, superare difficoltà, rendersi conto di realtà che non si conoscevano o si conoscevano solo in modo pregiudiziale ed errato. Nel Gap Year si deve vivere, deve essere anche avventura, sfida a se stessi, non solo un tassello nel percorso formativo per salire la scala di attrattività dei selezionatori.
Il Gap Year può e deve essere vita vissuta intensamente, che concentra in pochi mesi esperienze e crescita che normalmente richiedono molto più tempo
Monotematico vs composito
Bilanciare i diversi obiettivi
Per raggiungere alcuni obiettivi, occorre necessariamente preventivare periodi molto lunghi.
Personalmente, in assenza di obiettivi e motivazioni molto specifici, ritengo che un mix di attività sia l’uso migliore del Gap Year, bilanciando i diversi obiettivi e alternando momenti di impegno a momenti ludici, la fatica al relax. Come al solito si dovrebbe rifuggire dalle soluzioni estreme: fare una cosa sola, senza momenti di stacco, o al contrario troppa frammentazione.
Fai-da-te vs organizzato
Costruire il tuo futuro
Si può acquistare un pacchetto completo da una delle organizzazioni internazionali o semplicemente affidarci a un “Gap Year Consultant” per aiutarci a pianificare la nostra esperienza. Questo per avere pieno controllo dell’esperienza e raccoglierne, fin dalla fase preparatoria, tutti i benefici. Da un lato la pianificazione di questa esperienza è, oltre che stimolante e divertente, altamente formativa.
Un Gap Year organizzato in autonomia presuppone, già in partenza, un tasso di maturità e autodisciplina che non tutti i ragazzi hanno. Di nuovo: cercate una esperienza che è utile “per voi”, che vi fa crescere e, al tempo stesso, costruisce il vostro futuro. È questo che vi “dà punti”, che fa uscire il vostro cv dalla pila di tutti gli altri: non tanto le cose che si possono imparare in quelle esperienze, che pur sono tante, ma essere riusciti a farle.