Magari non diventerete mai fotografi del “National Geographic”, ma non è meglio aver passato qualche mese facendo la Transiberiana in treno o lavorando e studiando tedesco a Berlino, che a casa aspettando la chiamata per un call center?
GAP YEAR
Un anno di viaggi, corsi, esperienze di lavoro
Questo sito, come il libro, si rivolge ai ragazzi che si avviano a concludere il liceo e le scuole superiori in genere, sempre più ansiosi per il proprio futuro, e ai loro genitori, spesso ancora più preoccupati Intende offrire stimoli e spunti ai giovani per prendere in mano la propria vita: alzarsi, giocarsela e, magari, pure divertirsi.
Lo strumento suggerito è il Gap Year, un anno di viaggi, corsi, esperienze di lavoro, che di solito si colloca dopo le scuole superiori e prima di iniziare l’università o la vita lavorativa.
Fatto nel modo giusto, un Gap Year integra la formazione e rende il CV molto più interessante agli occhi dei selezionatori, sia accademici sia aziendali. Ma il maggiore beneficio si avrà a livello di crescita personale, di quella autostima e autonomia indispensabili per realizzare qualunque progetto di vita.
Oggi sacrificare le proprie passioni in nome di un sano realismo non porta a comodi, per quanto forse noiosi, posti fissi e il laureato mediano, costretto a passare da voucher a collaborazioni intermittenti e senza prospettive, non se la passa meglio del collega che non ha sfondato come artista ma vivacchia con qualche collaborazione, un blog e un canale YouTube. Se si hanno delle passioni oggi è “razionale” seguirle, smentendo secoli di buonsenso familiare.
Il Gap Year, concentra in alcuni mesi tutta una serie di esperienze e attività di sviluppo personale e professionale, proponendosi come soluzione ideale in termini di efficacia ed efficienza.
Efficacia in quanto alcune esperienze richiedono tempi e contesti compatibili solo con mesi di full immersion. Efficienza in quanto, ad esempio, tre mesi di full immersion in loco costano meno e rendono di più che anni di corsi serali per imparare una lingua.
Un Gap Year è utile non solo a chi, legittimamente a 18 anni, è ancora confuso circa il proprio futuro e le proprie priorità, ma anche a chi ha o, meglio, pensa di avere le idee chiarissime. Un periodo di verifica può rafforzare determinate scelte e inclinazioni oppure, sorprendentemente, sconvolgerle.
Contemporaneamente, offre una irripetibile opportunità di avventura e divertimento
Un Gap Year può essere un investimento essenziale per:
- crescere come individui attraverso esperienze forti e indimenticabili;
- capire cosa si vuole dalla vita (se ancora non lo sapete);
- prepararsi al meglio per quello che si vuol fare nella vita (se già lo sapete) e acquisire skill importanti (anche se non lo sapete).
Un Gap Year ha molte ricadute positive. In estrema sintesi, serve a:
- maturare e crescere;
- conoscere meglio se stessi e i propri obiettivi personali e professionali;
- prepararsi per raggiungere tali obiettivi.
Andrea Di Maio, managing vice president di Gartner Research
“La caratteristica più importante oggi, nel mondo del lavoro, è la volontà e la capacità di imparare continuamente. Nel mondo di oggi, che cambia senza sosta e velocemente, non solo dal punto di vista dell’evoluzione tecnologica, se non si è capaci di continuare a imparare non si va da nessuna parte. È quello che verifichiamo anche nei nostri colloqui. Quindi è un’ottima idea usare il Gap Year per fare cose diverse, che non hai mai fatto prima, per continuare ad apprendere: per chi ha fatto studi classici, per approfondire temi scientifici e tecnologici. Per chi ha una formazione scientifica o tecnica per esplorare materie umanistiche. Con la velocità attuale dell’innovazione, anche studiando materie avanzatissime, si rischia in pochi anni di avere in mano competenze inservibili. È vitale la capacità di confrontarsi con cose nuove, di gestire i cambiamenti. L’unica cosa da fare è esporsi a tante esperienze, le più varie possibili. Quando assumiamo, assumiamo gente che ha fatto le cose più assurde: gente che ha fatto teatro, ha fatto volontariato, che magari ha anche fallito a fare tre o quattro lavori. Molti arrivano dopo un percorso lineare, pensando di sapere tutto. Poi si rendono conto che il mondo è molto diverso. Non fa male conoscerlo prima, un po’ di mondo.”